COS'E' PENSIERI SENZA TETTO?

COS'E' PENSIERI SENZA TETTO?

Un Blog. Un giornale. Bhe, risposta fin troppo banale, direi! Un'accozzaglia di idee?!? Ci avviciniamo di più, d'altronde chi lo dice che i pensieri e le parole devono avere per forza un ordine?!?

Cos'è Pensieri senza Tetto? Un modo per farci conoscere.

L'opportunità di mettere nero su bianco pensieri, emozioni, problemi, idee, critiche, esperienze di vita, ricordi...insomma tutto quello che passa per la testa...tutto. O quasi.

I pensieri di cui parliamo appartengono a quelli che la gente perbene chiama "senza fissa dimora". A quelli che un tetto, quattro mura da poter chiamare casa non le hanno o non le hanno mai avute. A quelli che vi passano accanto per strada, che si siedono vicino a voi in autobus. A quelli che vi chiedono 20 centesimi all'entrata della stazione o ad un semaforo. A quelli che vedete seduti su una panchina o su un muretto. A quelli che vengono da lontano per cambiare la loro vita e a volte perdono la strada...A quelli che vi sembrano così distanti dalla vostra vita e che invece sono più vicini di quanto non crediate.

E forse, per conoscerli un po' meglio, potreste dare un'occhiata a questi...come li chiamiamo...pensieri senza tetto. Forse.

"Come ci si sente, come ci si sente, nello stare da soli, come un completo sconosciuto, come una pietra che rotola?" (Bob Dylan)

mercoledì 10 novembre 2010

UNO, TUTTI, CENTOMILA

Ogni giorno molti volti, ogni volto mille storie, storie di vita, di vite difficili perchè nella giungla della strada non è tutto così semplice come può esserlo dal nostro comodo divano, come può essere il fatto di essere liberi, liberi di scegliere a che ora alzarsi la mattina e non dover necessariamente abbandonare il letto tutti i giorni con la pioggia, con la neve alla stessa ora, e questo per i più“fortunati”che hanno un tetto sotto il quale dormire.
Mi chiamo Denise, ho iniziato il mio tirocinio in asilo notturno da tre settimane, è un esperienza molto forte per me fare il tirocinio in una struttura come questa, è la prima volta che mi avvicino ad una realtà del genere.
Le loro voci sono molto simili alla mia e a quelle dei miei amici, le loro insicurezze, le loro paure sono le stesse, la paura di perdere la libertà a causa dei propri vizi, la paura di non farcela a sostenere la propria famiglia ed aggiunte a quelle che sono le nostre paure c'è un forte senso di solitudine, è come se la loro solitudine mi attraversasse, ci si rende subito conto che tutti hanno bisogno di visi amici, dell'urgenza di un contatto umano, un sorriso, un abbraccio per far tornare la speranza, d'altronde se si sottrae anche questa, cos'altro rimane ad un Uomo?

sabato 30 ottobre 2010

Il progetto di Adriano: scrivere un libro!


Capita spesso di viaggiare con il pensiero, di vagare fantasiosamente in modi “Altri”, soprattutto se il “qui ed ora” che si sta vivendo non ci appassiona, non ci stimola o ci stimola troppo. Capita a ciascuno di noi. E capita anche ad Adriano che stasera esordisce con un desiderio che sembra già quasi un progetto ben stampato nella sua testa: ”Voglio scrivere un libro”. Non c’è una trama, un inizio ben preciso né tantomeno una fine; almeno per ora. Luoghi e personaggi, quelli sì. sono ben definiti. Il popolo dei senza fissa dimora di Padova la fa da protagonista. Un universo osservato dagli occhi di chi lo vive. Curioso. Articoli di giornale, saggi, servizi in seconda serata ( perché in prima sarebbe troppo), convegni, tavole rotonde. Abbiamo letto e riletto di storie, migrazioni, problematiche e battaglie, più perse che vinte; narrate da chi il mondo della strada lo osserva dal di fuori, forse a volte lo sfiora o spesso non lo hai mai toccato con mano. Curiosa la proposta di Adriano. Di certo un punto di vista alternativo offrirebbe spunti nuovi e interessanti. Asilo Notturno, Cucine Popolari, Sevizi Sociale, italiani, stranieri, donne, uomini; ce n’è un po’ per tutti. Non conosciamo bene Adriano, forse perché in questi mesi si è poco lasciato osservare ma di certo lui… ci ha osservato con attenzione. Sembra quasi di riviverle nel momento stesso in cui le racconta, quelle situazioni che osserva quotidianamente nei contesti di strada e di cui vorrebbe tanto narrare. Ricche di particolari, di sensazioni, di impressioni. Ricche di Adriano insomma. Dall’aneddoto che ci fa sorridere alle ingiustizie di cui ,anche noi che lavoriamo in questo ambiente da anni, facciamo fatica ad accorgerci. Lungi dall’essere oltraggiosi, sembra quasi che Adriano dipinga il mondo delle persone senza dimora come in un capitolo di “Se questo è un uomo”. C’è una incredulità mista ad amarezza nel raccontare situazioni in cui la dignità umana viene messa da parte per un pezzo di pane o per un maglione in più.

E di questo sembra quasi non capacitarsene Adriano.”Ma troveremo qualcosa anche su di te?”,Questa domanda la  intrufoliamo spesso ma Adriano è abile a scansarla.”Scrivere degli altri, di quello che accade là fuori non è difficile, scrivere di sé è decisamente più complicato”. Una separazione, qualche malinteso, qualche frase non detta o qualche frase non ascoltata attentamente. Poi un hotel, poi un affittacamere. Poi la strada. Ma abbiamo come l’impressione che nei racconti di Adriano ci siano tante cose non dette, di cui forse è meglio non sapere, o meglio come ci racconta, “Per le quali non ho avuto e non ho il coraggio di chiedere spiegazioni a chi non vuole più vedermi e di me non ne vuole più sapere”. “Ma tua figlia sa che vivi al Torresino?”. “Sì”. Una risposta secca senza aggiunte o strascichi retorici, diversamente da tutta la nostra chiacchierata. Ne ha un po’ per tutti Adriano, tranne che per lui.

mercoledì 27 ottobre 2010

Bine ai venit!

Il 26 Agosto 2006 Elena approda in Italia. La figlia, con lei. Non come clandestina, ma come cittadina europea. Tante le speranze. Ed altrettante responsabilità: un mutuo da pagare, un marito invalido di cui occuparsi, le medicine  da comperare e 120 euro di pensione di invalidità al mese come aiuto. Timida e riservata. “A Napoli non è stato difficile trovare lavoro. Ho fatto la badante per tre anni, ma sempre in nero e nessuno mi ha mai messo in regola. Mi dicevano di aspettare ché prima o poi mi avrebbero fatto un regolare contratto, ma questo non è mai accaduto”. Stufa di continue promesse mancate, Elena sale sul primo treno per Padova, fidandosi di un’agenzia di collocamento romena che le offriva un posto come badante. ”Il tuo problema sono i denti. Conciata così nessuno ti prenderà a lavorare” la risposta che le viene data al suo arrivo.
Eppure per fare la badante dovrebbero esserci requisiti ben più importanti di una dentatura sfavillante modello pubblicità del dentifricio AZ.
Tanto più che Elena è una donna con esperienza, forte, capace, volenterosa, sensibile e soprattutto … con un gran bel sorriso!
Inizia così la loro vita di strada.
Passano la giornata alla disperata ricerca di un posto di lavoro, “perché un uomo non è un uomo se non fa nulla tutto il giorno, se non si impegna in qualcosa di utile. La gente mi guardava. Ma mi guardava in modo strano. O forse ero io a sentirmi strana, a sentir pesare su di me tutti quegli sguardi che mi mettevano in soggezione, che sembravano quasi mettermi a nudo”.
“Se avevo paura? Sì, sempre. Non tanto per me, quanto per mia figlia, non mi piaceva come la guardavano alle Cucine Popolari, non mi piaceva che la infastidissero e mi sentivo responsabile di averla trascinata in questo inferno”.
Un mese a dormire stese su quella panchina, spesso il freddo o quella pioggerella che non si asciuga mai, per poi approdare al Torresino. Nella sua semplicità ed umiltà, Elena ci racconta che, a parte qualche discussione con le sua compagne di stanza, l’Asilo Notturno non è poi così male. “Servirebbe solo un po’ più di  disciplina”. E la disciplina è un concetto che le è molto caro. “Così funziona il mondo, con la disciplina, con l’insegnamento delle regole e con l’impegno nel farle rispettare”. Tra le righe leggiamo chiaramente il passato da cittadina di regime, dove tutto ha un ordine e guai a farlo crollare! Ma ci piace questa sua caratteristica, forse perché riesce a plasmarla con una dolcezza disarmante. C’è un attimo di silenzio. Anzi, ce sono molti. Ma è un silenzio che non la imbarazza. “E’ la vita di strada che ti rende così”.
Sono le 23, le luci in struttura si spengono. Ancora per qualche minuto il mio pensiero va ad Elena, al suo sguardo fiero, coraggioso, eppure attraversato da una grande malinconia e tristezza. Non ci sono certezze per lei, né progetti, né idee. I dubbi hanno preso il sopravvento. Ma c’è una cosa che ancora Elena non ha perso: la sua dignità, di essere umano, di persona, ma soprattutto di donna.

lunedì 18 ottobre 2010

Vent'anni in Italia ed un solo desiderio: andarsene per sempre!

Abdel lasciò il suo Marocco nel 1989, convinto ed illuso che in Italia sarebbe finalmente riuscito a migliorare la propria vita, trovando un lavoro ed una sistemazione dignitosi. Purtroppo le sue speranze s'infransero presto, di fronte alla realtà di un paese che non rappresenta la Terra Promessa né per chi ci è nato, né, tanto meno, per chi ci è venuto a vivere. Da Genova, città dove approdò quando partì dalla cittadina di Kelaa des Sraghna, si trasferì a Padova in poco tempo. Ha sempre lavorato, ora come meccanico, ora come carpentiere o come saldatore, sottolinea che non è mai entrato in contatto con la malavita. È da un anno che ha perso il lavoro finendo così al Torresino, struttura di cui si ritiene stranamente piuttosto soddisfatto a differenza di chi se ne lamenta in continuazione pretendendo che tutto gli sia dovuto. Sostiene di non aver mai avuto alcun problema e di essersi sempre trovato bene. È d'accordo con l'assistente sociale che nelle prossime settimane gli verrà proposto un altro alloggio.
Inizialmente la nostra conversazione è difficoltosa, quasi intermittente, fatichiamo a sintonizzarci. Alle domande di rito risponde molto sinteticamente, non certo per una conoscenza stentata dell'italiano, che, al contrario, padroneggia meglio di alcuni madrelingua, forse più per una tendenza caratteriale a condensare in poche parole le emozioni di una vita. Quando però vengono toccate le corde giuste, si espone, facendo emergere tutto quello che cova dentro: rabbia, tantissima rabbia.

Mi descrive come ha passato questi vent'anni in Italia: “Ho sofferto, ho sofferto molto, ti prendono in giro, dopo vent'anni che lavori non è bello ritrovarsi con le mani in testa. Ci hanno trattati come bestie. D'inverno in coda al freddo per ritirare il permesso di soggiorno. Con tutti gli edifici che hanno, potrebbero anche creare una sala d'attesa”.

Quando gli domando se secondo lui gli italiani siano consapevoli di quello che molti immigrati devono passare, mi risponde seccamente: “Loro ci vedono, passano con le auto, vedono che siamo in coda al freddo, la verità è che non gliene frega niente, vedono gli immigrati come un oggetto usato. Non sono razzisti, ho conosciuto molte persone che mi hanno dato una mano, il problema sono le istituzioni che non ti aiutano in alcun modo, gli uffici, le agenzie di lavoro...Pensati che a Vicenza adesso queste richiedono l'idoneità abitativa e per ottenerla devi andare al comune e pagare. È una mafia. Il problema è l'ignoranza! Le leggi favoriscono l'impunità e gli italiani dormono, non vanno mai a manifestare! Quando hanno aumentato il prezzo del latte in Inghilterra, nessuno l'ha più comprato la mattina seguente!*”.
Allora gli chiedo se sia cambiato qualcosa ultimamente e la risposta è ancora più netta: “Non è cambiato nulla, semmai è peggiorato, una volta ci mettevi una mattina a rinnovare il permesso, adesso c'impieghi un anno e te lo danno anche scaduto. Non c'è speranza, dopo tutto quello che ho visto, ho paura che non vedrò più niente di bello! Credevamo fosse un paese di legge, le leggi servono solo a far entrare soldi nelle casse dello stato, non migliorano la vita della gente! Ho amici in Belgio, Olanda, Francia, Germania, lì la situazione è diversa, perfino in Marocco vengono trattati diversamente quelli che provengono dall'Italia rispetto a quelli che ritornano dalla Francia!”.

 
A questo punto tace per qualche istante e cerca di asciugarsi gli occhi dalle lacrime; un uomo di 49 anni che si commuove al solo ricordo del calvario che ha dovuto passare. Ora ha un solo desiderio, vuole scappare dall'Italia, vuole tornare in Marocco, ma non può perché non ha i soldi, vorrebbe gli venissero restituiti i contributi che ha versato per poter andarsene, ma non succederà. A nessuno consiglierebbe il percorso che ha fatto lui!

Abdel e Luigi
(si precisa che ci si è limitati a riportare le parole di Abdel senza verificare la veridicità degli aneddoti di cui ha parlato)

mercoledì 13 ottobre 2010

Cresce il numero di senzatetto italiani. Ma è il freddo quello che spaventa.




Milano- Cresce il numero dei senzatetto in Italia e quello che più allarma è che aumenta contestualmente anche la percentuale dei clochard italiani.





Secondo Mario Furlan, fondatore e presidente dell'associazione City Angels, "a breve il 40% dei clochard di Milano sarà italiano". Colpa della crisi economica e della disoccupazione. 
Nel frattempo, l’irrigidirsi delle temperature ha spinto il Comune a dar vita al nuovo “Piano Freddo”:




il dormitorio di Viale Ortles verrà trasformato in un vero e proprio centro di accoglienza, al cui interno sarà reso disponibile uno sportello lavoro per i disoccupati. 


Resta comunque alto l’allarme, come evidenziato da Furlan stesso: “Il freddo è la vera emergenza”.

In difesa (legale) dei senzatetto: la tutela dei diritti fondamentali

Il progetto “Avvocato di strada” nasce a Bologna alla fine del 2000, con l'obiettivo fondamentale di tutelare i diritti delle persone senza dimora attraverso un apporto giuridico qualificato.



Il progetto voleva colmare una lacuna: in Italia la possibilità di ottenere il gratuito patrocinio, ovvero un avvocato che lavora gratuitamente e che viene pagato dallo stato, è riconosciuto a tutte le persone che hanno un reddito annuo che non superi i 10.628,16 euro. Per averlo occorre recarsi al Tribunale e fare una domanda allegando i propri documenti d’identità e la documentazione sulle proprie problematiche legali.

Chi vive in strada è spesso non sempre è in grado di esibire la documentazione adeguata, e spesso evita il contatto con il Tribunale, ove possibile. Per questo in Italia chi vive in strada di fatto finisce per non usufruire del gratuito patrocinio ed è qui che interviene l’associazione Avvocato di strada:  ad oggi in Italia collaborano con il progetto Avvocato di strada oltre 650 avvocati, tra volontari degli sportelli già aperti e professionisti che si sono dichiarati disponibili a lavorare gratuitamente in caso di domiciliazioni nelle città in cui non è ancora aperto uno sportello.

Avvocato di strada è già presente ad Ancona, Bari, Bologna, Bolzano, Ferrara, Foggia, Jesi, Lecce, Macerata, Milano, Modena, Napoli, Padova, Pescara, Roma, Reggio Emilia, Rovigo, Taranto e Trieste e l’intenzione è quella di aprire sportelli di Avvocato di strada in tutte le città italiane dove vivono persone senza dimora.
Cosicché alla fine la legge sia davvero uguale per tutti.

USA: Parchimetri di beneficenza per i senzatetto

USA- Un numero crescente di citta' americane ha installato parchimetri per devolvere denaro ai senzatetto. Nashville, Virginia Beach e Las Vegas sono tra gli almeno 16 comuni che da quest'anno hanno deciso di aderire all'iniziativa. Le donazioni vengono reindirizzate agli enti di beneficienza locali. Tra le altre aree urbane coinvolte figurano Atlanta, Baltimora, Cleveland, Dallas, Denver, Little Rock, San Francisco e Seattle.



Attendiamo curiosi un riscontro, e per una volta guardiamo a quei parchimetri senza il fastidio consueto, e quel tintinnare di monete ci fa sorridere.