COS'E' PENSIERI SENZA TETTO?

COS'E' PENSIERI SENZA TETTO?

Un Blog. Un giornale. Bhe, risposta fin troppo banale, direi! Un'accozzaglia di idee?!? Ci avviciniamo di più, d'altronde chi lo dice che i pensieri e le parole devono avere per forza un ordine?!?

Cos'è Pensieri senza Tetto? Un modo per farci conoscere.

L'opportunità di mettere nero su bianco pensieri, emozioni, problemi, idee, critiche, esperienze di vita, ricordi...insomma tutto quello che passa per la testa...tutto. O quasi.

I pensieri di cui parliamo appartengono a quelli che la gente perbene chiama "senza fissa dimora". A quelli che un tetto, quattro mura da poter chiamare casa non le hanno o non le hanno mai avute. A quelli che vi passano accanto per strada, che si siedono vicino a voi in autobus. A quelli che vi chiedono 20 centesimi all'entrata della stazione o ad un semaforo. A quelli che vedete seduti su una panchina o su un muretto. A quelli che vengono da lontano per cambiare la loro vita e a volte perdono la strada...A quelli che vi sembrano così distanti dalla vostra vita e che invece sono più vicini di quanto non crediate.

E forse, per conoscerli un po' meglio, potreste dare un'occhiata a questi...come li chiamiamo...pensieri senza tetto. Forse.

"Come ci si sente, come ci si sente, nello stare da soli, come un completo sconosciuto, come una pietra che rotola?" (Bob Dylan)

sabato 30 ottobre 2010

Il progetto di Adriano: scrivere un libro!


Capita spesso di viaggiare con il pensiero, di vagare fantasiosamente in modi “Altri”, soprattutto se il “qui ed ora” che si sta vivendo non ci appassiona, non ci stimola o ci stimola troppo. Capita a ciascuno di noi. E capita anche ad Adriano che stasera esordisce con un desiderio che sembra già quasi un progetto ben stampato nella sua testa: ”Voglio scrivere un libro”. Non c’è una trama, un inizio ben preciso né tantomeno una fine; almeno per ora. Luoghi e personaggi, quelli sì. sono ben definiti. Il popolo dei senza fissa dimora di Padova la fa da protagonista. Un universo osservato dagli occhi di chi lo vive. Curioso. Articoli di giornale, saggi, servizi in seconda serata ( perché in prima sarebbe troppo), convegni, tavole rotonde. Abbiamo letto e riletto di storie, migrazioni, problematiche e battaglie, più perse che vinte; narrate da chi il mondo della strada lo osserva dal di fuori, forse a volte lo sfiora o spesso non lo hai mai toccato con mano. Curiosa la proposta di Adriano. Di certo un punto di vista alternativo offrirebbe spunti nuovi e interessanti. Asilo Notturno, Cucine Popolari, Sevizi Sociale, italiani, stranieri, donne, uomini; ce n’è un po’ per tutti. Non conosciamo bene Adriano, forse perché in questi mesi si è poco lasciato osservare ma di certo lui… ci ha osservato con attenzione. Sembra quasi di riviverle nel momento stesso in cui le racconta, quelle situazioni che osserva quotidianamente nei contesti di strada e di cui vorrebbe tanto narrare. Ricche di particolari, di sensazioni, di impressioni. Ricche di Adriano insomma. Dall’aneddoto che ci fa sorridere alle ingiustizie di cui ,anche noi che lavoriamo in questo ambiente da anni, facciamo fatica ad accorgerci. Lungi dall’essere oltraggiosi, sembra quasi che Adriano dipinga il mondo delle persone senza dimora come in un capitolo di “Se questo è un uomo”. C’è una incredulità mista ad amarezza nel raccontare situazioni in cui la dignità umana viene messa da parte per un pezzo di pane o per un maglione in più.

E di questo sembra quasi non capacitarsene Adriano.”Ma troveremo qualcosa anche su di te?”,Questa domanda la  intrufoliamo spesso ma Adriano è abile a scansarla.”Scrivere degli altri, di quello che accade là fuori non è difficile, scrivere di sé è decisamente più complicato”. Una separazione, qualche malinteso, qualche frase non detta o qualche frase non ascoltata attentamente. Poi un hotel, poi un affittacamere. Poi la strada. Ma abbiamo come l’impressione che nei racconti di Adriano ci siano tante cose non dette, di cui forse è meglio non sapere, o meglio come ci racconta, “Per le quali non ho avuto e non ho il coraggio di chiedere spiegazioni a chi non vuole più vedermi e di me non ne vuole più sapere”. “Ma tua figlia sa che vivi al Torresino?”. “Sì”. Una risposta secca senza aggiunte o strascichi retorici, diversamente da tutta la nostra chiacchierata. Ne ha un po’ per tutti Adriano, tranne che per lui.

mercoledì 27 ottobre 2010

Bine ai venit!

Il 26 Agosto 2006 Elena approda in Italia. La figlia, con lei. Non come clandestina, ma come cittadina europea. Tante le speranze. Ed altrettante responsabilità: un mutuo da pagare, un marito invalido di cui occuparsi, le medicine  da comperare e 120 euro di pensione di invalidità al mese come aiuto. Timida e riservata. “A Napoli non è stato difficile trovare lavoro. Ho fatto la badante per tre anni, ma sempre in nero e nessuno mi ha mai messo in regola. Mi dicevano di aspettare ché prima o poi mi avrebbero fatto un regolare contratto, ma questo non è mai accaduto”. Stufa di continue promesse mancate, Elena sale sul primo treno per Padova, fidandosi di un’agenzia di collocamento romena che le offriva un posto come badante. ”Il tuo problema sono i denti. Conciata così nessuno ti prenderà a lavorare” la risposta che le viene data al suo arrivo.
Eppure per fare la badante dovrebbero esserci requisiti ben più importanti di una dentatura sfavillante modello pubblicità del dentifricio AZ.
Tanto più che Elena è una donna con esperienza, forte, capace, volenterosa, sensibile e soprattutto … con un gran bel sorriso!
Inizia così la loro vita di strada.
Passano la giornata alla disperata ricerca di un posto di lavoro, “perché un uomo non è un uomo se non fa nulla tutto il giorno, se non si impegna in qualcosa di utile. La gente mi guardava. Ma mi guardava in modo strano. O forse ero io a sentirmi strana, a sentir pesare su di me tutti quegli sguardi che mi mettevano in soggezione, che sembravano quasi mettermi a nudo”.
“Se avevo paura? Sì, sempre. Non tanto per me, quanto per mia figlia, non mi piaceva come la guardavano alle Cucine Popolari, non mi piaceva che la infastidissero e mi sentivo responsabile di averla trascinata in questo inferno”.
Un mese a dormire stese su quella panchina, spesso il freddo o quella pioggerella che non si asciuga mai, per poi approdare al Torresino. Nella sua semplicità ed umiltà, Elena ci racconta che, a parte qualche discussione con le sua compagne di stanza, l’Asilo Notturno non è poi così male. “Servirebbe solo un po’ più di  disciplina”. E la disciplina è un concetto che le è molto caro. “Così funziona il mondo, con la disciplina, con l’insegnamento delle regole e con l’impegno nel farle rispettare”. Tra le righe leggiamo chiaramente il passato da cittadina di regime, dove tutto ha un ordine e guai a farlo crollare! Ma ci piace questa sua caratteristica, forse perché riesce a plasmarla con una dolcezza disarmante. C’è un attimo di silenzio. Anzi, ce sono molti. Ma è un silenzio che non la imbarazza. “E’ la vita di strada che ti rende così”.
Sono le 23, le luci in struttura si spengono. Ancora per qualche minuto il mio pensiero va ad Elena, al suo sguardo fiero, coraggioso, eppure attraversato da una grande malinconia e tristezza. Non ci sono certezze per lei, né progetti, né idee. I dubbi hanno preso il sopravvento. Ma c’è una cosa che ancora Elena non ha perso: la sua dignità, di essere umano, di persona, ma soprattutto di donna.

lunedì 18 ottobre 2010

Vent'anni in Italia ed un solo desiderio: andarsene per sempre!

Abdel lasciò il suo Marocco nel 1989, convinto ed illuso che in Italia sarebbe finalmente riuscito a migliorare la propria vita, trovando un lavoro ed una sistemazione dignitosi. Purtroppo le sue speranze s'infransero presto, di fronte alla realtà di un paese che non rappresenta la Terra Promessa né per chi ci è nato, né, tanto meno, per chi ci è venuto a vivere. Da Genova, città dove approdò quando partì dalla cittadina di Kelaa des Sraghna, si trasferì a Padova in poco tempo. Ha sempre lavorato, ora come meccanico, ora come carpentiere o come saldatore, sottolinea che non è mai entrato in contatto con la malavita. È da un anno che ha perso il lavoro finendo così al Torresino, struttura di cui si ritiene stranamente piuttosto soddisfatto a differenza di chi se ne lamenta in continuazione pretendendo che tutto gli sia dovuto. Sostiene di non aver mai avuto alcun problema e di essersi sempre trovato bene. È d'accordo con l'assistente sociale che nelle prossime settimane gli verrà proposto un altro alloggio.
Inizialmente la nostra conversazione è difficoltosa, quasi intermittente, fatichiamo a sintonizzarci. Alle domande di rito risponde molto sinteticamente, non certo per una conoscenza stentata dell'italiano, che, al contrario, padroneggia meglio di alcuni madrelingua, forse più per una tendenza caratteriale a condensare in poche parole le emozioni di una vita. Quando però vengono toccate le corde giuste, si espone, facendo emergere tutto quello che cova dentro: rabbia, tantissima rabbia.

Mi descrive come ha passato questi vent'anni in Italia: “Ho sofferto, ho sofferto molto, ti prendono in giro, dopo vent'anni che lavori non è bello ritrovarsi con le mani in testa. Ci hanno trattati come bestie. D'inverno in coda al freddo per ritirare il permesso di soggiorno. Con tutti gli edifici che hanno, potrebbero anche creare una sala d'attesa”.

Quando gli domando se secondo lui gli italiani siano consapevoli di quello che molti immigrati devono passare, mi risponde seccamente: “Loro ci vedono, passano con le auto, vedono che siamo in coda al freddo, la verità è che non gliene frega niente, vedono gli immigrati come un oggetto usato. Non sono razzisti, ho conosciuto molte persone che mi hanno dato una mano, il problema sono le istituzioni che non ti aiutano in alcun modo, gli uffici, le agenzie di lavoro...Pensati che a Vicenza adesso queste richiedono l'idoneità abitativa e per ottenerla devi andare al comune e pagare. È una mafia. Il problema è l'ignoranza! Le leggi favoriscono l'impunità e gli italiani dormono, non vanno mai a manifestare! Quando hanno aumentato il prezzo del latte in Inghilterra, nessuno l'ha più comprato la mattina seguente!*”.
Allora gli chiedo se sia cambiato qualcosa ultimamente e la risposta è ancora più netta: “Non è cambiato nulla, semmai è peggiorato, una volta ci mettevi una mattina a rinnovare il permesso, adesso c'impieghi un anno e te lo danno anche scaduto. Non c'è speranza, dopo tutto quello che ho visto, ho paura che non vedrò più niente di bello! Credevamo fosse un paese di legge, le leggi servono solo a far entrare soldi nelle casse dello stato, non migliorano la vita della gente! Ho amici in Belgio, Olanda, Francia, Germania, lì la situazione è diversa, perfino in Marocco vengono trattati diversamente quelli che provengono dall'Italia rispetto a quelli che ritornano dalla Francia!”.

 
A questo punto tace per qualche istante e cerca di asciugarsi gli occhi dalle lacrime; un uomo di 49 anni che si commuove al solo ricordo del calvario che ha dovuto passare. Ora ha un solo desiderio, vuole scappare dall'Italia, vuole tornare in Marocco, ma non può perché non ha i soldi, vorrebbe gli venissero restituiti i contributi che ha versato per poter andarsene, ma non succederà. A nessuno consiglierebbe il percorso che ha fatto lui!

Abdel e Luigi
(si precisa che ci si è limitati a riportare le parole di Abdel senza verificare la veridicità degli aneddoti di cui ha parlato)

mercoledì 13 ottobre 2010

Cresce il numero di senzatetto italiani. Ma è il freddo quello che spaventa.




Milano- Cresce il numero dei senzatetto in Italia e quello che più allarma è che aumenta contestualmente anche la percentuale dei clochard italiani.





Secondo Mario Furlan, fondatore e presidente dell'associazione City Angels, "a breve il 40% dei clochard di Milano sarà italiano". Colpa della crisi economica e della disoccupazione. 
Nel frattempo, l’irrigidirsi delle temperature ha spinto il Comune a dar vita al nuovo “Piano Freddo”:




il dormitorio di Viale Ortles verrà trasformato in un vero e proprio centro di accoglienza, al cui interno sarà reso disponibile uno sportello lavoro per i disoccupati. 


Resta comunque alto l’allarme, come evidenziato da Furlan stesso: “Il freddo è la vera emergenza”.

In difesa (legale) dei senzatetto: la tutela dei diritti fondamentali

Il progetto “Avvocato di strada” nasce a Bologna alla fine del 2000, con l'obiettivo fondamentale di tutelare i diritti delle persone senza dimora attraverso un apporto giuridico qualificato.



Il progetto voleva colmare una lacuna: in Italia la possibilità di ottenere il gratuito patrocinio, ovvero un avvocato che lavora gratuitamente e che viene pagato dallo stato, è riconosciuto a tutte le persone che hanno un reddito annuo che non superi i 10.628,16 euro. Per averlo occorre recarsi al Tribunale e fare una domanda allegando i propri documenti d’identità e la documentazione sulle proprie problematiche legali.

Chi vive in strada è spesso non sempre è in grado di esibire la documentazione adeguata, e spesso evita il contatto con il Tribunale, ove possibile. Per questo in Italia chi vive in strada di fatto finisce per non usufruire del gratuito patrocinio ed è qui che interviene l’associazione Avvocato di strada:  ad oggi in Italia collaborano con il progetto Avvocato di strada oltre 650 avvocati, tra volontari degli sportelli già aperti e professionisti che si sono dichiarati disponibili a lavorare gratuitamente in caso di domiciliazioni nelle città in cui non è ancora aperto uno sportello.

Avvocato di strada è già presente ad Ancona, Bari, Bologna, Bolzano, Ferrara, Foggia, Jesi, Lecce, Macerata, Milano, Modena, Napoli, Padova, Pescara, Roma, Reggio Emilia, Rovigo, Taranto e Trieste e l’intenzione è quella di aprire sportelli di Avvocato di strada in tutte le città italiane dove vivono persone senza dimora.
Cosicché alla fine la legge sia davvero uguale per tutti.

USA: Parchimetri di beneficenza per i senzatetto

USA- Un numero crescente di citta' americane ha installato parchimetri per devolvere denaro ai senzatetto. Nashville, Virginia Beach e Las Vegas sono tra gli almeno 16 comuni che da quest'anno hanno deciso di aderire all'iniziativa. Le donazioni vengono reindirizzate agli enti di beneficienza locali. Tra le altre aree urbane coinvolte figurano Atlanta, Baltimora, Cleveland, Dallas, Denver, Little Rock, San Francisco e Seattle.



Attendiamo curiosi un riscontro, e per una volta guardiamo a quei parchimetri senza il fastidio consueto, e quel tintinnare di monete ci fa sorridere.

Aumentano in Europa i senzatetto. 3 Persone su 10 sono senza casa

Parigi, inizio 2010- Si calcola che in Europa ci siano 495 milioni di persone, di queste almeno 3 persone su 10 vivono senza fissa dimora, secondo la relazione annuale della Fondazione Abbé Pierre relativa al 2009.
Si tratta di una conseguenza diretta della crisi economica: milioni di persone sono rimasti senza casa e hanno difficoltà a trovare una dimora. "La casa è un fattore di impoverimento, ma anche una nuova fonte di disuguaglianza", è scritto nel rapporto francese.

Gli altri fattori che rendono la situazione allarmante sono il sovraffollamento degli alloggi e le case malsane. Secondo la Fondazione, l'inadeguatezza degli alloggi copre una varietà di situazioni che ha coinvolto 10,1 milioni di persone nel 2009, quasi 600.000 bambini. Di questo totale, 3,5 milioni di persone non hanno nemmeno un posto dove poter dormire.

Nel frattempo, il costo medio annuo di affitto o l'acquisto di una casa continua ad aumentare (+23% per l'acquisto tra il 2002 e il 2007), e molti acquirenti si sono indebitati.
Solo a Roma i senza tetto sono oltre 6.000; la maggior parte dei senza tetto in Spagna sono uomini (90,5%) di circa 40 anni. Nel 2009 una delle cause maggiori del fenomeno è stata la perdita del lavoro.
Quello delle persone senza fissa dimora è un fenomeno incalzante, in costante aumento. Quanto più un Paese si sviluppa e quanto più è preponderante l'industrializzazione al suo interno, tanto più la popolazione che vive in condizioni disagiate e in povertà tende ad aumentare.

Coppia di fratelli senza tetto eredita 4 miliardi di sterline

Budapest- La vita di Zsolt e Geza Peladi, due senzatetto di Budapest, è cambiata in modo radicale. I due vivevano alla meglio in una grotta nei dintorni di Budapest, e mettevano assieme qualche spicciolo vendendo i rottami che trovavano abbandonati nella spazzatura. 

Tra i loro ricordi comuni, una madre con un carattere difficile, in grado di tagliare tutti i ponti con la propria famiglia. Figli senza famiglia, insomma. 



Ed eccoli, scovati quasi per caso dagli esecutori testamentari alla ricerca di eredi dopo la morte della nonna, scoprirsi gli unici eredi di una fortuna

La loro vita non sarà più la stessa, ma ci riesce fin troppo difficile immaginare il risultato del prossimo lancio di dadi del destino.

Senza-tetto Web-dipendenti: in California spopola il web-on-the-road




“A noi non serve la televisione, non ci servono i giornali, e neanche la radio! Ma non possiamo fare a meno del web!” – dice Charles Pitts.
USA- La storia è piuttosto comune: perdono la casa, abbandonano la vita “visibile”, ed entrano nel mondo dell’invisibile.  

Disposti a rinunciare a tutto, ma non ad internet


E così, con gli ultimi risparmi, l’acquisto di un notebook, e la ricerca di prese elettriche cui collegarlo: la metropolitana, in questo caso, sembra aiutare! 

E la storia ci racconta di intere comunità di senzatetto gettate nei maggiori social network, tra Facebook e Twitter. 




Ed allora, se passate di lì, scrivetegli una mail. Li troverete accanto agli hot spot gratuiti, comodamente seduti su una panchina, tutta la loro vita attorno. Computer compreso.

Un professore senza-tetto

Cesena- Trovarsi tutto d’un tratto sbalzato dai banchi di scuola alla vita di strada? E’ possibile. 

È infatti questa la triste conclusione della storia di Euristeo Ceraolo, docente di origine calabrese trapiantato a Forlì: dopo 10 anni di precariato nel mondo della scuola, il Professore si trova con in mano 26 ore di supplenza ed un contratto in scadenza il 16 di Ottobre. 


Una casa? Nemmeno a parlarne, ed alla fine delle lezioni presso l’istituto tecnico per geometri di Cesena lo possiamo ritrovare presso la sede della Caritas a Forlì, l’unica alternativa al freddo della tenda nella quale si accampava in precedenza. 




Forse leggiamo stupiti queste righe, ma il caso è l’emblema dell’instabilità sociale cui il mondo del precariato condanna le sue vittime innocenti, alla constante ricerca di un futuro che non sia bollato con la parola “incerto”. 

E forse aveva proprio ragione Euristeo, manifestando il suo disagio con una semplice maglietta con su scritto: 

“Euristeo, precario… sposerò la Carfagna”.  



Che sia l’unica soluzione?

mercoledì 6 ottobre 2010

SARKOZY L'ACROBATA

Che Sarkozy fosse un uomo politico particolarmente controverso è un dato di fatto. Il XXIII Presidente della Repubblica francese, infatti, sin dal giorno della sue elezione, il non lontano 6 Maggio 2007, ha dimostrato un’inedita originalità. Dall’apertura del suo governo alla sconfitta controparte socialista all’inserimento di una quota parte intorno al 50% di ministri di sesso femminile, dall’insediamento di un “consiglio di saggi” con il compito di formulare una proposta di riforma costituzionale alla discussa –ed in seguito ritirata dopo lo sciopero dei mezzi di trasporto che ha paralizzato la Francia per più di 15 giorni nel Novembre 2007- riforma pensionistica dei cosiddetti “regimi speciali”. Ecco perché non deve stupire che, nel pieno del suo terzo anno di presidenza, Sarkozy stia affrontando una spaccatura interna al suo stesso Paese che tende a ricalcare perfettamente il famoso “O lo ami, o lo odi” che coinvolge anche la sua movimentata vita privata. Tuttavia, anche una politica controversa non sembra sottrarsi alla ghigliottina mediatica del “consenso popolare”. Dopo il crollo nelle elezioni regionali, la faida interna con l’ex-primo ministro de Villepin che prepara una scissione, ed una serie di scandali più o meno seri –inclusa una scenata di gelosia sul set di Woody Allen– il Presidente è stato costretto a correre ai ripari. Nel tentativo di salvarsi, barcollante, e continuare la sua traversata da equilibrista nel mondo politico odierno, Sarkozy ha optato per un saggio mix di travestimenti: da un lato lo sceriffo di periferia, degno della stella di metallo e di un revolver carico tra le mani, e dall’altro il dispensatore di buonismi e di demagogia spiccia, nei confronti della quale i politici suoi pari sono costretti ad annuire nascondendo furbescamente un sorriso tra le pieghe dei vestiti, consapevoli della volatilità di tante belle parole. Eccolo dunque ripercorrere le proprie orme, quelle che nel 2005 l’avevano spinto a scagliarsi contro le banlieue parigine e la loro rivolta, inscenando una brutale lotta contro “il criminale”. Nel caso specifico, cadono tra le sue grinfie i campi rom: poliziotti sguinzagliati tra le baracche la mattina presto, tra occhi assonnati e terrore malcelato, ruspe a distruggere i resti di una vita poverissima, rimpatri di massa e la pretesa volontarietà del rientro comperata con 300€ a testa (i bambini invece ne valgono solo 100, forse che la vita umana vale meno a seconda dell’età?). E sempre lui, in una forma di paradosso che sconvolge più che stupire, dopo aver nascosto le mani lorde di vite umane scacciate a forza, a parlare presso la Tre giorni ONU denominata Millennium, avanzando l’azzardata proposta di un “piccolo prelievo sulle transazioni finanziarie”, al solo scopo di sostenere economicamente quegli obiettivi (aiuti al Terzo mondo, il dimezzamento della povertà, della fame e della mortalità entro il 2015) definiti per una volta, dagli stessi analisti economici, “raggiungibili”. Un Sarkozy a due facce, dunque, che tuttavia condividono una sola caratteristica: la popolarità per nulla impegnativa che le accompagna. Un film già visto, infatti, quello sfogo nei confronti dell’ “altro”, del diverso, una valvola verso cui indirizzare l’attenzione di un popolo stanco ed affaticato, in cerca di un capro espiatorio. Ed allo stesso tempo, siamo fin troppo abituati a proposte di legge che scivolano via nell’entusiasmo di un istante, per poi cadere nel dimenticatoio, insieme ai loro buoni propositi. E proprio per quanto riguarda la tassazione delle transazioni finanziarie, a scarso contenuto innovativo in quanto semplice rivisitazione della Tobin Tax, suggerita già nel 1972 –a seguito dello scandalo Watergate- da James Tobin (premio Nobel per l’Economia nel 1981), nascono forti dubbi in merito alla buona fede di Sarkozy: perché, infatti, nel corso dei 6 mesi durante i quali lo stesso Presidente è stato alla guida della Ue nessuna iniziativa analoga è stata avanzata agli organi competenti? Per quale motivo non estrarla dal cilindro in un periodo più adatto, piuttosto che durante un’allarmante crisi di consensi nazionali (non è difficile immaginare l’attuabilità di questa norma, sapendo che è ormai in un ipotetico cassetto di quel che definiamo “mercato globale” da più di 30 anni)? Per quanto riguarda le misure scaccia-rom, un boccone appetitoso da lanciare al popolo francese spaventato quanto molti altri dalle molteplici implicazioni presenti e future dell’ integrazione, il muro-contro-muro con l’Unione Europea –con l’eccezione del nostro Paese- non si è fatto attendere: l’Ue infatti si è vista costretta a ricordare al Presidente qualche semplice dettame comportamentale cui fare sempre riferimento, dal rispetto delle norme europee che sanciscono il diritto incondizionato di circolazione per i cittadini comunitari al rispetto di qualunque minoranza etnica, ivi compresa la comunità rom. Come giudicare dunque un’azione di questo stampo? Come porci di fronte all’Europa che esce lacera da questa nuova contestazione? Non deve stupire noi italiani l’approvazione incondizionata data al Presidente Sarkozy da Berlusconi e dalla Lega, da sempre alimentati chi da sondaggi e pubblicità, chi da una forma incrollabile d’odio per il diverso. Stupisce invece che un politico ancorato ai sani principi della politica stessa –specie in via d’estinzione in Italia ma fiorente tra i nostri cugini d’oltralpe- abbia fatto ricorso a tali bassezze, guadagnando forse qualche punto tra la gente tenuta a bada con la disinformazione, ma anche l’acido disprezzo di chi, forse in modo impopolare e forse da profano dei sondaggi e delle statistiche, qualche domanda sulla giustizia del mondo che stiamo cercando di creare se la sta ponendo davvero.
Davide